Capottati nell’altro mondo

Siamo a Bogotà, a El Portal, il piccolo albergo a conduzione familiare che ci aveva accolto per qualche ora al nostro arrivo in Colombia (giusto per essere precisi un mese esatto fa). La giornata è stata un po’ dura. Juan era in ansia di partenza e ha iniziato a mugugnare alle 9:00 perché voleva andare sull’aereo “adesso”. Mariana invece è stata distante e provocatoria tutto il giorno cercando la rissa. Da quando siamo usciti dall’appartamento era come se vivesse in un altro mondo, si è isolata ed era inavvicinabile.
In definitiva, come abbiamo constatato oggi pomeriggio, c’abbiamo due aureole così.
Il viaggio aereo, breve, è andato bene, così breve che appena le hostess hanno finito la corsa per distribuire le bibite, hanno iniziato quella per raccogliere i rifiuti e l’aereo è atterrato. Juan era contentissimo, rideva e diceva quello che stava succedendo, insomma entusiasta. Abbiamo avuto solo un attimo di panico quando non abbiamo visto le nostre valige sul nastro trasportatore… Fortunatamente sono arrivate con il secondo giro.
A Bogotà ci hanno accolto la pioggia, una temperatura freschetta e una tassista.
Qui a El Portal ci sono altre coppie, altri bambini, ci sono i giochi e c’è uno spazio libero per i bambini comunque sicuro. I genitori possono tirare qualche respiro senza dover costantemente avere sotto controllo la situazione. Ci hanno offerto un caffè espresso (finalmente!) e noi ci siamo subito rilassati: Ale saltava la corda e io suonavo “per Elisa” su una pianola senza pile dicendo le note.
Come mi ha detto il mio amico Xtè, sopra ai 35 anni c’è un aumento degli incidenti sportivi. Dopo anni di vita sedentaria, si pensa di poter giocare ai vari sport come ai vecchi tempi e … patatrack! Succede l’infortunio. Più o meno nella stessa maniera, oggi, per raccogliere un pallone, mentre giocavamo a pallacanestro, sono scivolato e ho fatto una specie di “spaccata” violenta. A 2600m s.l.m. e con un male biscio sotto la coscia mi si è appannata la vista e mi sono dovuto sedere.
A parte questo c’è un clima molto famigliare, la sera si cena tutti vicino in un saloncino.
I nostri figli hanno accolto molto bene i giochi, un po’ meno il dover rimetterli a posto e Juan ha tentato di dare spettacolo alla cena rifiutando il cibo senza nemmeno averlo assaggiato (praticamente senza quasi averlo visto) e tentando di mangiare le patate con le mani anziché con le posate. Poi, probabilmente perché sentiva di fare la figura del babbione, si è adeguato.
Anche perché gli altri bambini sono tutti composti a tavola, dai 3 anni ai 10, mangiano senza fare storie, si alzano solo quando tutto è finito e i loro genitori hanno un’aria così rilassata….
Questa sera i bambini delle altre coppie ci hanno coccolato, facendoci da mangiare (per finta), una gara a chi preparava più piatti per noi, addirittura Ale è stata imboccata da un bimbo di 4 anni!
La camera è una sola, ma è grande. Peccato (che sia una, non che sia grande), perché un po’ di intimità la sera, per parlare tra di noi, non era male. Adesso siamo in una saletta fuori della camera.

ecco la prova che Ale è ancora tra noi… anche se il sorriso del “ceffo” che ha in braccio non è molto rassicurante.

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