Estamos Accà (siamo qui)

Come promesso rieccoci di tanto in tanto. Prima di tutto vogliamo dire: le cose vanno meglio, molto meglio. Da quando siamo tornati (cioè giovedì sera scorso) di crisi vere e proprie, come quelle che leggiamo di Medellin o che ci ricordiamo da Bogotà, nemmeno l’ombra. Ci sono i capriccetti, le storie, le menate, però come per tutti i bambini, come per tutte le famiglie che conosciamo (nostre comprese). Juan e Mariana sono cambiati! Sono più sereni, ridono, chiedono, giocano. Giocano davvero: tutt’e due e da soli, con noi, con i giocattoli, con i colori. Non crolla il mondo per un rifiuto. Le nostre richieste prima o poi possono persino essere accolte. Insomma un’altra vita.Anche i rapporti stanno un po’ crescendo: Juan anche se ancora ha un rapporto preferenziale con me, comunque si relaziona con Ale. Oggi è già il secondo giorno che si fa fare il bagno da lei, si è fatto prendere in braccio… ma anche nei gesti più semplici, per vestirsi, per mettere la cintura in auto, per farsi imboccare.
Analogamente per Mariana stanno finendo le ripetizioni-rassicuranti e quindi è più disposta a sciogliere la sua relazione di esclusività con Ale, includendo anche me come genitore. Tra ieri e oggi poi mi ha cercato spessissimo e quando eravamo insieme continuava a darmi i bacini.
Le cose da affinare sono quelle un po’ più semplici di tutte le famiglie: gli orari – cercare di cenare abbastanza presto così da mettere i figli a letto per le 21:00 e riuscire ad avere un po’ di tempo per noi. Il problema è che siamo appena tornati da 42gg di vacanza forzata e a parte i contatti sociali anche la casa esige il suo prezzo (soprattutto la TV e la tapparella rotte, per non parlare di quello che ci ha tamponato oggi in auto per fortuna senza che nessuno si facesse male).
Questa sera situazione da manuale, Juan ha voluto giocare ad un gioco tipo “giro dell’oca” tutti insieme. Visto però la partenza poco brillante ha iniziato a lamentarsi tipo guaito, a cercare di rifiutare il proprio turno, a portarsi indietro il proprio segnalino, a regalare le carte bonus… Dico da manuale perché ci ha richiamato immediatamente uno dei vari corsi, in cui la spiegazione data per questo tipo di comportamenti è come segue. A causa della bassissima autostima che hanno generalmente i bambini abbandonati per loro è una frustrazione insopportabile il perdere a un gioco. Viene interpretato come una convalida della loro disistima. Dal momento che perdere è insopportabile di solito ci sono due strategie: a) non giocare (se non si gioca non si può perdere) e b) perdere di proposito (ho perso, ma perché l’ho deciso io).
Secondo questa interpretazione, il filo logico dei pensieri sarebbe qualcosa del genere:
“Gioco perché mi diverto, però se perdo vuol dire che sono veramente una nullità, anzi peggio. Non posso tollerare questa frustrazione, quindi se vedo che non sto vincendo, che c’è il pericolo catastrofico di perdere… non posso permettere che questo accada, devo avere un’altra spiegazione… faccio in modo di perdere, così almeno se perdo è perché l’ho deciso io, non perché sono peggio di una nullità… oppure faccio in modo di tirare in lungo, di sabotare il gioco, così non vince nessuno e nessuno perde”.

Si nota poco, ma Mariana è cinematicamente imbronciatissima
“ehi! Vola davvero!”
Colombiani a Busto: “girati che mamà ci fa la foto”

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