Month: June 2010

Giugno, hophophop, dindindin

Da due anni a questa parte giugno è particolarmente caldo. E non mi riferisco alle condizioni metereologiche (che poi quest’anno smentisce decisamemte), ma a tutta quella girandola di feste e ricorrenze – al 2 c’è il compleanno di Juan, al 6 l’anniversario del nostro incontro (o compleanno di famiglia come lo chiamiamo noi), poi ci sono le feste di fine asilo o scuola, il saggio e quest’anno, new entry, il Palio di Castellanza.

Ecco l’inizio del compleanno di Juan, un attimo prima di aprire i regali.
Al pomeriggio festa con i cuginetti con tanto di spettacolo improvvisato.
Ed eccoci al giorno del nostro compleanno. Foto di gruppo con sole negli occhi.
Peace and love, bro’
Il giorno del Palio di Castellanza. Questi sono dei figuranti del CERS (? ? Rievocazioni Storiche) (ebbene no, non siamo noi in uno dei nostri più riusciti travestimenti). A causa della presenza di tanti altri bambini non possiamo mettere altre foto.
Il saggio di ginnastica ritmica. Prima dell’esibizione, Mariana era nervosissima, preoccupata e ansiosa, ma nello spettacolo ce l’ha messa tutta ed è stata bravissima.
Naturalmente quel giorno faceva caldissimo e il body in velluto la… fastidiava (questo spiega come mai ha le maniche annodate al collo).
Festa del grazie all’asilo, con lancio dei palloncini. Mentre eravamo distratti dai puntini di colore che rimpicciolivano nel cielo, gli altri si avventavano su patatine e pizzette lasciandoci a becco asciutto… amen, ci siamo rifatti con la torta.
Non siamo tornati alla casa delle farfalle di Cervia, ma in una gita al Ticino abbiamo trovato questa che si è voluta far fotografare.

Assemblea soci CIAI 2010 (Cervia)

Ormai anche Mariana si é rassegnata e non ci chiede piú quanto manca. E Juan, quieto, ha smesso di dare fastidio alla sorella. Sai che sei nel mezzo di un’impresa che sfiora l’epico anche se, probabilmente, nessun futuro poeta o menestrello canterà le tue gesta.
Ti trovi in macchina al buio, la pioggia che allaga il parabrezza malgrado gli affannosi sforzi dei tergicristalli, in un posto sconosciuto alla ricerca del tetto dove dormire.
Le indicazioni di google sono ormai inservibili dopo che sulla tua via sono comparse rotonde e incroci ignorati dal gioiello tecnologico di navigazione del famoso motore di ricerca.
L’unica speranza per risparmiarti ore e ore di giri a vuoto é il tuo senso di orientamento del quale stai iniziando a dubitare, finché tanto inaspettato quanto gradito, dalle tenebre emerge un cartello che, attraverso l’acqua scrosciante, indica la tua meta. Giri deciso e ti ritrovi su una stradina sterrata che attraversa i campi o, considerando acqua e buio, quelli che potrebbero essere campi).
E finalmente l’ombra di un casolare. La proprietaria premurosa ci apre il cancello e noi capiamo di essere arrivati.

Il Jazz Country Club é, prima di essere il nostro Bed & Breakfast, un casolare di campagna circondato da alberi. Troviamo riparo sotto un ampio e lungo portico. Attraverso le ampie finestre vediamo un grande camino acceso abbracciato da innumerevoli libri. Entriamo in un accogliente collage di cimeli vintage, giocattoli di qualche tempo fa e locandine di film degli anni ’70. Al secondo piano la proprietaria ci ha preparato due stanze: cosí staremo piú comodi perché siamo gli unici ospiti del JCC.

Notte di pioggia
Ci prepariamo per andare a letto. Nella nostra camera c’é un letto sicuramente comodo da rifare, ma che richiede una certa agilitá per poterci salire sopra. Il materasso é a non meno di 80cm dal pavimento.
Peró é comodo e ci addormentiamo rilassati dal rumore della pioggia che batte incessantemente aritmica sulle tegole. E ci sentiamo allo stesso modo che si sentirono i primi uomini quando trovarono una grotta asciutta e dove dormire e stare al sicuro.
E di tanto in tanto nella notte, tra il dormiveglia sentiamo il rassicurante suono della pioggia sul tetto.

La colazione
La signora Gabriella ci aspetta in cucina dietro ad una tavola imbandita. Ci ha anche preparato una torta margherita ed un rotolo con la marmellata, di cui ci promette la ricetta. Uno spettacolo. Ma Juan e Mariana sono attratti dal cane e dai numerosi gatti. Ognuno con la sua personalissima storia che ci viene raccontata con trasporto e tenerezza da Gabriella. C’é Oswald, il gatto che sopravvive, malgrado tutti volessero farlo fuori, Brutus, il gatto in perenne lotta con il mondo (ma, soprattutto con i gatti del vicinato), Bianca l’enorme cagnolona tranquilla e rilassata con il solo terrore dei temporali…
Finché arriva anche il momento di risalire in macchina, sotto ad un cielo grigio e minaccioso e partire alla volta del…

Hotel Dante
Non che sia facilissimo trovarlo, dopotutto se non facciamo un girettino per il centro di Cervia non siamo contenti. E anche quando ben l’abbiamo trovato non é che sia cosí immediato parcheggiare la macchina visto che la zona é tutta una riga blu di parcheggi a pagamento.
Comunque l’hotel Dante – Centro Congressi é esattamente come ce lo ricordavamo: grande e brutto.
Anche dentro é come ce lo ricordavamo e anche l’impatto é simile: un senso di soggezione e di trovarsi nel posto sbagliato… troppo lusso, troppo vip… noi siamo in jeans e scarpe da ginnastica.
Per fortuna, girato l’angolo siamo investiti dalla calda confusione dei soci CIAI: bambini e ragazzi di tutti i colori e tanti “grandi” alla mano come noi.
Salutiamo le nostre vecchie conoscenze (vecchie non in senso anagrafico) e accompagniamo Juan e Mariana nel salone dove un disperato manipolo di animatori tenta, senza troppo successo di non perdere la voce organizzando i giochi per i bambini.
I nostri figli non sono particolarmente entusiasti alla proposta, ma probabilmente l’idea di passare un tempo interminabile alla riunione barbosa dei grandi li convince a rimanere.

La conferenza della presidente sembra giá avviata, ma in realtà la sig.a Rossi Dragone si stá ancora scaldando. Quando entra nel vivo la sua voce non lascia scampo, agisce direttamente. Come avevo giá avuto modo di scrivere, in altri tempi, voci come la sua avrebbero mosso eserciti, spinto miti contadini a immolarsi per la difesa della patria. Un piglio deciso come il suo avrebbe spinto semplici marinai a sfidare onde alte quanto una casa o i terribili tentacoli del Kraken.
Insomma quando ci dice che nessuno uscirá da questa stanza senza aver comprato un libro, la mia mano corre al portafoglio senza che riesca a fermare il gesto.
L’autocontrollo entra piú facilmente per impedirmi di sottoscrivere un sostegno a distanza. La causa é nobile, non costa piú di un caffé al giorno, ma si sta comunque parlando di 300 euro l’anno. Niente a confronto del bene che si puó fare, ma una voce non trascurabile del bilancio familiare. Meglio rifletterci sopra e fare una scelta ragionata.
La situazione nei paesi dove opera il CIAI non sembra molto diversa dall’anno scorso – buone le collaborazioni con Etiopia e Burkina Faso, in Colombia solo un numero elevato di adozioni, mentre problemi nel sud est asiatico. In Vietnam ci sono serissimi problemi di corruzione e il governo sembra essersi messo di mezzo bloccando le adozioni del Ciai. Cambogia e Thailandia sono altrettanto problematiche per un verso o per l’altro. La Cina invece sembra essere piú rigorosa e collaborativa.

Sono un po’ perplesso sulla mancanza di progetti di collaborazione in Colombia. Per il trattato dell’Aja infatti gli enti che operano facendo adozione in un paese si devono operare attivamente con progetti che abbiano come fine ultimo quello di ridurre il numero di minori in stato di abbandono in quel paese. La Colombia é il paese con cui il Ciai realizza il maggior numero di adozioni (nell’anno scorso piú della somma di tutti gli altri). Ma é anche l’unico paese (Cina a parte) in cui non é in corso alcun progetto di collaborazione.
La risposta alla mia domanda é un po’ fumosa: si c’era un progetto, ma il bienestar familiar non l’ha gradito, adesso assistiamo un bambino (?!)

I bambini comunque non rimangono con gli altri a lungo e Ale interviene lasciandomi da solo a sentire la parte su bilancio e contabilità. Non che ci capisca molto… ma spunta sempre qualcosa di interessante. Tra le informazioni più interessanti ci sono sicuramente quelle sulla crisi. Le fasce piú colpite coincidono con le persone che piú sottoscrivono sostegni a distanza. Quest’anno, seppur con qualche difficoltá hanno retto. Ma si avvicina la fine della cassa integrazione e l’inizio della mobilitá. Il fatto che non riescano a continuare il SAD mi sembra il male minore rispetto al dramma che queste persone e famiglie si troveranno ad affrontare.
Il bilancio é tutto sommato buono e anche la revisione ha dato esito positivo.

Arriva il momento della pausa pranzo. Il tempo é sempre inclemente: pioviggina e fa freddo. Andiamo alla ricerca di un posto dove mangiare una piadina e dopo qualche minuto di disperazione e fame lo troviamo. Mariana, dimostrando di essere veramente americana, prende un hot dog, mentre noi altri europei e suo fratello prendiamo una piadina. Anzi una piadina con lo scquacquerone (potrebbe anche scriversi così) il formaggio tipico del posto.
Tutto molto buono, ma la temperatura é bassina e rimaniamo per tutto il pomeriggio con una sete fossile.
Il mare d’inverno è un concetto che la mente non considera cantava più di qualche anno fa la Bertè. Magari non è così, ma il grigio e l’umido, la pioggia e il vento, in riva al mare hanno una malinconia e una contraddizione tutta propria. Torniamo verso l’hotel del Sommo Vate (Vate, non Water).

Conferenza il lavoro minorile, le difficili sfide.
Il pomeriggio del primo giorno inizia con una sorta di tavola rotonda sul lavoro minorile. Lo spunto è dato dalla necessità via via più pressante per il CIAI di avere una posizione ufficiale su questa problematica.
Sicuramente il primo pensiero, quando si parla di lavoro minorile, corre ai bambini Afghani che cuciono palloni da calcio, o ai bambini che lavorano in miniera in cunicoli così stretti che solo loro riescono a passarci, sguardi seri, occhi grandi. Disperazione e dolore.
Così la prima, naturale reazione è di categorizzare il lavoro minorile come un torto, una stortura qualcosa che al pari delle altre degradazioni dell’uomo dovrebbe essere eliminato dalla faccia della terra.
Ma, come tutti i ragionamenti in bianco e nero, è riduttivo. Infatti basta pensarci più di un attimo e ci si accorge che anche il ragazzino che abbiamo visto al bar questa mattina aiutare i suoi genitori nell’attività di famiglia rientra nella categoria “lavoro minorile”. Ma pensandoci ancora, ieri sera in televisione, una buona percentuale di spot pubblicitari aveva dei bambini come protagonisti, per non parlare dei film.
Però passando ancora per la zona grigia ci sono casi in cui è difficile dire “giusto” o “sbagliato” – per esempio casi dove il lavoro del minore può portare un miglioramento delle condizioni economiche della famiglia e quindi diventare un fattore di protezione della famiglia stessa.
E non dimentichiamoci anche che l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro. Se il lavoro ha un insieme di valori e di caratteristiche formative, tanto da fondarci sopra la nostra Repubblica, allora probabilmente non è così sbagliato che ci siano degli ambiti dove anche bambini e ragazzi possano lavorare in una maniera declinata alle proprie capacità e nel pieno rispetto dei loro diritti.
La posizione del CIAI tiene conto di tutti questi aspetti, e questo mi fa piacere perchè è l’ennesima riprova che il “nostro” ente ha un procedere pragmatico e analitico, dove al centro rimane sempre e comunque l’interesse del bambino senza inutili preconcetti o demagogie. Senza contare che nel nostro mondo complesso e intricato, l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è di persone che pensano in bianco e nero sostenendo crociate a destra e a manca.
La posizione ufficiale è contenuta in questo documento: http://www.ciai.it/images/stories/Lavoro_minorile_la_posizione_CIAI.pdf e sostanzialmente dice che ci sono delle situazioni di sfruttamento e pericolo e pertanto illegali che il CIAI rifiuta perentoriamente. Ci sono invece delle situazioni dove il lavoro minorile può essere accettabile o anche utile, purchè vengano prima i diritti dei bambini e dei ragazzi.
La discussione che segue alla presentazione del documento è accesa e partecipata a riprova del fatto che l’argomento tocca corde profonde vicine alle differenti sensibilità.

Non appena si conclude la tavola rotonda e viene annunciato il nuovo argomento la sala si svuota e con una certa apotropaica sollecitudine… e probabilmente non a caso visto che ora si parla di lasciti.
Ne approfitto anch’io per tornare nella hall. Malgrado le dimensioni l’ambiente è molto rumoroso, è difficile rilassarsi o anche solo riuscire a fare quattro chiacchiere. Tra le cause sicuramente è il tempo inclemente all’esterno che obbliga i bambini a rimanere all’interno con conseguente scatenamento (scatenazione?) degli stessi. Malgrado tutto Juan è riuscito, con altri bambini, a fare i compiti. Probabilmente anche grazie alla pazienza (al limite della santità) del papà di N. e V. che li ha seguiti in questa non indifferente fatica. Per fortuna la conferenza lasciti è finita e l’agenda prevede adesso un filmato:

Filmato del burkina faso – il paese degli uomini liberi.
È l’Africa e più precisamente il Burkina Faso ad essere protagonista di questo appuntamento in sala conferenze. Viene proiettato un video-documentario sui progetti di cooperazione del CIAI in questo paese.
Sullo schermo scorrono le immagini dell’Africa, di gioia, di povertà, di voglia di fare e di riscatto. Fa un certo effetto vedere le riprese della Jeep con il logo CIAI sulla fiancata, ma rincuora sentire le attività in cui il nostro è impegnato. Il filmato è sicuramente ben fatto e avvincente e ci fa immergere nella calda Africa, facendoci dimenticare almeno per un attimo che fuori piove.

Il pomeriggio è finito, quindi è ora di tornare al Jazz Country Club e prepararsi per la cena. La sig.a Gabriella ci consiglia il Ca’ nori, un ristorante poco distante e ci raccomanda anche Strozzapreti e cappelletti come piatti tipici della zona.

Ca’ nori è un grosso ristorante affacciato sulla provinciale, uno di quei posti che, dalle dimensioni del parcheggio, attira alla ristorazione avventori da tutto il circondario e probabilmente oltre.
L’ambiente e il servizio sono alla buona, ma senza nulla da eccepire e ben presto il locale si riempie. Decidiamo di seguire le indicazioni che abbiamo ricevuto. I cappelletti sono un incrocio tra raviolotti e tortelloni, con ripieno di formaggio. Le tagliatelle al ragù sono trionfali e non ci facciamo mancare al tavolo anche gli strozzapreti, un’altra specialità locale simile alle trofie liguri, con panna e speck.
Chiudiamo la cena con una condivisione di patatine fritte giusto prima di partire di corsa di nuovo verso l’hotel Dante per lo spettacolo serale.
Di sera (buia e tempestosa) l’hotel Dante è leggermente meno brutto da fuori grazie all’oscurità. All’interno è un tono suffuso d’oro giallo e lampade preziose. Lo spettacolo organizzato dai disperati animatori (dopo la nostra partenza hanno deciso di cambiare le loro vite facendosi chi frate trappista, chi monaca di clausura e chi cercando sé stesso in un monastero tibetano) è un po’ meno ambizioso di quello dell’anno scorso. Hanno cercato di avvantaggiarsi di quello che i bambini e i ragazzi già sapevano fare improvvisando una sorta di circo acrobatico.
Ma la serata non è finita, un’attrice prova a raccontare una storia ai bambini. La storia è bella e poetica, parla di un bambino che scopre che la luna in realtà è un buco nel cielo che lui può attraversare e dall’altra parte trova altri bambini. Purtroppo sarà per l’ora che inizia ad essere tarda o sarà che l’attrice, per quanto brava non riesce molto a coinvolgere i bambini, ma l’attenzione dura poco e la maggior parte dei diavoletti preferisce rincorrersi nel salone anziché ascoltare la storia.
Tutto questo movimento, unito al vociare necessario al gioco, alle urla di incoraggiamento e di richiamo, non contribuisce certo a creare un ambiente rilassato.
Con le orecchie ovattate, come se fossimo usciti da una discoteca, ritorniamo al Jazz Country Club.
Al nostro rientro troviamo una gradita sorpresa: la sig.a Gabriella ci ha preparato la ricetta del rotolo. Ci addormentiamo pregustando prelibatezze di pasticceria.

Finalmente domenica mattina troviamo … il sole!
Il sole asciuga i ricordi della pioggia dei giorni scorsi e conferisce un aspetto allegro e spensierato al mare (d’inverno o meno). Oggi non ci sono particolari conferenze, c’è un lavoro sulle emozioni e sul corpo, ma decidiamo di bigiare (o marinare, o far filone o salina a seconda della cultura locale) e andare a vedere la casa delle farfalle.
La casa delle farfalle è un tri-parco che contiene un giardino botanico ai minimi termini una serra con millanta e più farfalle e una mostra-terrario sugli insetti.
Il giardino botanico illustra una decina di alberi con le loro proprietà e il loro uso nella storia dell’umanità. Interessante, ma niente di particolare.
La serra delle farfalle invece è molto interessante, ci sono i vari stadi di vita delle farfalle illustrati con tabelloni grandi e chiari, ma soprattutto ci sono tantissime farfalle enormi e coloratissime. Ci sono anche un paio di gruppi con la guida. C’è il sole, è primavera, la mia felpa è calda, siamo in Romagna (dove qualche anno fa il “poeta” cantava: “facciamo fiki-fiki insieme”), così un farfallo e una farfalla decidono di scambiarsi effusioni amorose sulla mia pancia.
Faccio finta di niente sperando che se ne vadano, ma non c’è nulla da fare… finchè una guida se ne accorge e mi salva dall’imbarazzo prendendo i due passionali amanti li sposta su una foglia lì vicino.
Il museo degli insetti è interessante, ma un po’ meno affascinante di quello dei lepidotteri. Però, posto di avere abbastanza pazienza, può essere anche divertente, ad esempio i bambini possono entrare in un formicaio a loro misura e vedere cosa fanno le formiche (all’interno del formicaio vero). Ci sono vari esemplari di insetti nei loro terrari, e la mostra si chiude con una sala dedicata alle api e agli alveari, con tanto di vero alveare.
Usciamo soddisfatti e ci dirigiamo di nuovo verso Cervia alla volta del Dante e alla ricerca di un posto accogliente che ci possa sfamare (dietro equo compenso s’intende). Giusto vicino all’hotel, in una stradina troviamo un chiosco che vende piadine, ci sono anche sedie e tavolini anche se, ci tengono a precisarlo, loro non possono avvicinarsi al tavolo, né per prendere le ordinazioni, né per portarci da mangiare.
Riproviamo con la piadina e questa volta, complice probabilmente il bel tempo, è veramente uno spettacolo. Spiace di averla finita così rapidamente.
La nostra mini-vacanza sta per volgere al termine. Entriamo al Dante per salutare soci e amici che rivedremo, se va bene, tra un anno.
È un peccato andare via così presto… con questo sole. Decidiamo allora di fare una camminata sulla spiaggia, anche perchè, in questi giorni c’è una manifestazione di aquiloni. La spiaggia è camminata intensamente da molte persone. Ci sono aquiloni di tutte le fogge e dimensioni, ma, sfortunatamente non c’è vento, e quindi sono quasi tutti a terra.

La nostra Scenic ci attende per portarci via dalle vacanze e tornare alla città più bella del mondo (forse in qualche universo parallelo) Castellanza.

È difficile trarre delle conclusioni su questa assemblea soci. Da una parte il fatto di aver pernottato al Jazz Country Club e non al Dante ci ha impedito di vivere e condividere pienamente con le altre famiglie; dall’altra la confusione che abbiamo vissuto al Dante non ci ha fatto rimpiangere questa scelta. Senza contare che il Dante è veramente un hotel di lusso in cui è difficile, almeno per noi, sentirsi a proprio agio. Resta il ricordo di due giorni passati in quasi vacanza con tanti amici che non vedevamo da tanto.

Juan al Jazz Country Club. Sulla tavola si intravvedono delle gustosissime crostatine.
Marian al Jazz Country Club, nel salotto.
Una perplessa famiglia Pagani legge le didascalie al parco botanico della casa delle farfalle.
Una delle più grandi farfalle del mondo (probabilmente la più grande)
Primo piano, dica “FarfallAAA” *click*
Pranzo di domenica con piadina… *slurp*
Festa degli aquiloni con bonaccia