Integrati

Oggi é stata una giornata bella incasinata, proprio come i nostri figli. Era anche la giornata dell’incontro di verifica dell’inserimento all’ICBF. E questo é stato una delle cause dei problemi. I bambini si svegliano sempre per primi. Piú che altro é Juan che si sveglia verso le 6:30 per vedere i Power Rangers. Ci alziamo assonnati, facciamo colazione e alle 7:30 suona Mission Impossible, cioé la signora delle pulizie ARGH. E adesso?
Questa signora fa le pulizie totali-globali (potrei aggiungere anche “termonucleari” per come ci restituisce la casa) non c’é scampo in alcun locale.
Decidiamo di scendere al parchetto per aspettare la fine delle pulizie. Questo peró sconvolge tutti i rituali dei bimbi, in particolare il bagno viene rimandato!!! Giá scrivevamo di come le ripetizioni, soprattutto per la piccola, sono un potente anti-stress. L’annuncio del cambio di programma viene accolto con un netto rifiuto che si trasforma in pianti da tragedia greca quando noi ci dimostriamo fermi nel proposito di vestirli e portarli giú. Vesto Juan a forza… e di forza ce ne vuole tanta oltre a buoni riflessi e a ingegnarsi su come bloccare mani e gambe che si divincolano cercando di togliere gli indumenti giá messi. La stessa cosa deve fare anche Ale con Mariana, anche se, la piccola ad un certo punto accetta la situazione. Al parchetto Mariana gioca, piú o meno tranquilla, mentre Juan rimane seduto imbronciato cercando ora di togliersi la maglietta ora di farsi male. Pian piano (ma molto piano) gli passa. Verso le 10 risaliamo in casa. L’incontro é alle 14:00, il taxi dovrebbe arrivare alle 13:20, quindi la tabella di marcia é abbastanza serrata.
Juan diventa serio serio e terribilmente preoccupato. A nulla servono le nostre tranquillizzazioni. Verso le 11:00 vuole vestirsi a tutti i costi pronto per l’ICBF.
Salta il pranzo a mezzogiorno e dopo l’ennesimo confronto con pianti e strepiti non ricordo piú per cosa, si addormenta esausto sul divano. Alle 13:20 dobbiamo svegliarlo per andare a prendere il taxi. Rimane silenzioso, teso e corrucciato per tutto il tragitto.
All’ICBF i bambini vengono allontanati e noi, l’interprete e l’assistente sociale ci chiudiamo in una saletta. Seguono un po’ di domande su come é andata da venerdí ad oggi, se vogliamo altro tempo (NO!) o se siamo sicuri e vogliamo fino in fondo questi bambini. CERTO!
L’assistente sociale ci dice anche che i bambini si stanno legando molto a noi: all’incontro di settimana scorsa le hanno riferito che Juan ha passato tutto il tempo fuori con l’orecchio attaccato alla porta preoccupato. Per questi bambini, ogni volta che si entra in uno di questi edifici vuol dire un cambiamento totale di vita… la preoccupazione é piú che comprensibile.
L’assistente sociale é anche soddisfatta dei vari progressi e ci pare un po’ sorpresa che i bimbi non abbiano ancora imparato una parola di italiano.
Juan, che verso la fine dell’incontro riesce a sgattaiolare all’interno, viene sottoposto ad una sorta di interrogatorio in merito. Lui, giustamente intimorito, si rifugia in braccio a me e fa scena muta tranne qualche cenno col capo.
Usciamo e lui é decisamente piú rilassato. Chiediamo all’interprete di spiegare a Juan che prima di andare a Bogotá e poi in Italia ci sono ancora parecchi giorni e soprattutto il perché.
I viaggi in taxi sono molto faticosi per Ale. Di solito lei sta dietro tra le due piccole pesti cercando di fare in modo che Mariana stia seduta e lasci in pace l’autista e che tutt’e due tengano testa e arti vari non fuori dal finestrino. Quando scendiamo al centro commerciale per fare la spesa lei é stanchissima e rabbrividisce all’idea di affrontare i nostri bimbi in gelateria. Andiamo a fare la spesa e cediamo alla richiesta dello yogurth con il pupazzetto cosí facciamo merenda nel corridoio del centro. Purtroppo Juan non ha dimenticato che avevo detto del gelato e inizia un nuovo mugugnamento per buona parte del ritorno a casa.
Per la restante parte invece pretende di essere preso in braccio, ripetutamente, piangendo (e anche pestando i piedi). Capisco che questo é un capriccio a metá: dopo la promessa mancata, dopo i rifiuti di tutte le richieste al supermercato, ha bisogno di un segno d’affetto, ma con una dozzina di kg di zaino, proprio non mi é possibile soddisfare la sua richiesta.
Arrivato a casa si toglie camicia, scarpe e pantaloni in soggiorno e si rifugia nella sua stanza a veder la tv.
Gli dico che quando gli sará passata, deve recuperare i suoi vestiti. Il tempo passa e giustamente Ale mi fa notare che passata o no, adesso sarebbe anche il momento di mettere un po’ in ordine. Vado in cameretta a cercare di convincere il riottoso e dopo una furiosa lotta a colpi di “no” e “spengo la tv” che finisce con il distacco forzato della spina della televisione i pianti di fanno disperati. In poco tempo sono peró ridotti a qualche singhiozzo. Juan si avvicina, prima con la testa, poi con tutto il resto e mi finisce in braccio stringendomi forte.
Malgrado la giornata, riusciamo a cenare tutti insieme quasi serenamente. Come giá ieri riprendiamo la giornata raccontando le cose belle e quelle dove… c’é spazio di miglioramento.
L’interprete, dopo il colloquio, mentre le spiegavamo le nostre difficoltà nel fare osservare la regola di stare a tavola, ci ha spiegato che qui non si usa stare a tavola insieme. Uno arriva, prende da mangiare, si siede, mangia e quando ha finito mette il piatto nel lavandino e se ne va.
Credo che questo sia significativo della portata dei cambiamenti che Juan e Mariana stanno affrontando in questi giorni: anche le cose più elementari, più scontate, più primarie hanno regole differenti.
D’altro canto penso che forse non è così male sapere questa cosa dopo che abbiamo stabilito le regole (e che cerchiamo di farle osservare). Se l’avessimo saputa prima probabilmente saremmo stati condizionati, più flessibili, ma forse avremmo fatto più fatica nel tempo.

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