El Portal

In una stradina secondaria del quartiere “bene” di Bogotà, a 30m da uno smodatamente enorme centro commerciale si trova El Portal.Per i nostri canoni e anche per le quattro stelle che porta, è una insolita costruzione: una casa bassa, senza insegne all’esterno, con il filo spinato sul massiccio muro di cinta e un pesante portone di legno.
La porta ha un corredo di lucchetti, serrature e chiavistelli da fare invidia a qualsiasi ferramenta. Le finestre, le porte sono tutte con le inferriate. Una volta entrati ci si trova sotto un portico affiancato ad un cortiletto di mattoni. Qui si trova una piccola stanza con televisione e cassoni pieni di giocattoli.
Saliti due scalini si entra nel Portal vero e proprio. L’ambiente è accogliente anche se dominato dalle tinte scure del legno ed un qualcosa di coloniale. Un salottino a destra, la sala da pranzo più avanti ed una scala di legno che porta al piano superiore dove si trovano le camere.
Una bella struttura per sole 7 camere, dove i bambini possono essere lasciati liberi di andare in giro e giocare perché tanto nessuno può uscire senza chiavi.
L’unica pecca è che l’impianto idraulico è terribilmente inefficiente per il riscaldamento dell’acqua ed il risultato è che spesso l’acqua per la doccia è gelida.

La giornata di oggi è passata. Punto. Questa mattina siamo riusciti a dormire fino alle 7:35 ed evitare che dopo Juan accendesse la televisione in camera. Accendendo il PC di prima mattina troviamo la risposta del CIAI alla mail che abbiamo mandato ieri esponendo i problemi e le dinamiche dei nostri figli che non ci aspettavamo rispetto alla descrizione che ci era stata data all’abbinamento. Non ci sono risposte concrete, ma è bello ricevere un riscontro così pronto pieno di condivisione e incoraggiamento.
Il CIAI si dimostra operoso anche burocraticamente: oggi un incaricato è venuto a ritirare i nuovi certificati di nascita per la legalizzazione.
La mattinata è passata pigramente un po’ parlando con gli altri genitori, un po’ supervisionando i bimbi mentre giocavano, un po’ giocando con loro.
Oggi pomeriggio avevamo in programma di andare alla piscina del Centro Italiano. Fa un po’ ridere “Centro Italiano”, ma di fatto è una struttura nata per offrire alle coppie italiane che si trovano qui per scopi adottivi, un riferimento e delle possibilità di svago. Ci hanno detto che oltre alla piscina c’è un ristorante con la pizza vera, i giochi per i bambini e la sabbia.
I nostri piani sono stati sconvolti da due eventi: abbiamo dovuto portare Mariana dal pediatra nel pomeriggio e il Centro Italiano, il lunedì… è chiuso.
Mariana aveva un occhio gonfio da qualche giorno e pure le faceva male un dentino. Così Alessandra si è fatta accompagnare dalla proprietaria de El Portal da un veterinario pediatra.
La pediatra ha fatto una visita completa di Mariana (l’occhio, l’occhio e il dente! Perché me la pesa?) e alla fine le ha prescritto delle gocce da mettere nell’occhio. Per il dente ha consigliato di andare dal dentista che ha lo studio nella stessa struttura.
Nel dente c’era una carie e così, senza prenotazione e senza attese, il dentista ha proposto di toglierla seduta stante. Be’ già che ci siamo… perché no.
Mariana, ignara, ha iniziato con qualche smorfietta ammiccante a collaborare tenendo bene aperta la bocca. Tutto è andato per il meglio fino a che le hanno fatto l’iniezione per l’anestesia. A quel punto ha iniziato a piangere e divincolarsi e c’è voluta un’infermiera oltre ad Ale e al dentista per tenerla ferma.
Il dentista è costato veramente poco: carie e otturazione 30’000 pesos che sono circa 13€. Per contro appena fuori dallo studio, probabilmente in combutta con il dentista, c’è una tizia del personale che distribuisce lecca lecca ai bambini. Credo che il termine corretto sia “associazione a delinquere”.
L’esperienza è stata pesante sia per Ale che per Mariana che quando è tornata è crollata esausta sul letto.
Al suo risveglio siamo andati al centro commerciale per comprarle a) il gelato (raccomandato dal dentista) e b) le gocce per l’occhio.
Ci trasciniamo dietro, nel vero senso della parola, un Juan con una piva lunga così, perché non siamo andati al parco. Raccontare dell’esperienza del gelato fa ancora prudere le mani. Juan musone è muto più del solito (che già non è loquace) quindi prima di rispondere che anche lui vuole il gelato ne passa. Alla fine, mentre stiamo facendo lo scontrino dice “Helado Verde”. Prendo due coppette, lui inizia a immusonirsi al cubo perché vuole il cono. Prendiamo la fragola per Mariana, mentre continuo a chiedergli se il gelato lo vuole o no. Il dialogo con un muro dà più soddisfazione. Alla fine, vista l’assenza di risposte e la certezza che non voglia più mangiare il gelato, prendiamo un gusto che piace a me e ad Ale e ce lo mangiamo. L’immusonimento con qualche lamento va alle stelle e decidiamo di ignorarlo, mentre ci gustiamo il gelato di Crepes & Waffles, con Mariana che continua a toccarsi il labbro insensibile mentre mangia il suo gelato.
Alla fine passa anche il muso di Juan, tanto che quando usciamo dal centro commerciale saltella e risoleggia.
Questa sera i bambini giocano tutti insieme, anche Juan e Mariana. Rimaniamo abbastanza stupiti mentre insieme giocano, complottano e confabulano in una delle stanze dell’hotel. Nessuno piange, tutti sopravvivono e si divertono. Nel frattempo vediamo il filmino girato da una coppia di Mantova del periodo appena trascorso… sembravano in vacanza.
Finalmente i bambini escono dalla camera, Juan porta Mariana in braccio, proprio nella stessa posizione con cui lo fa Ale. Si dirige verso mamà e le trasferisce in braccio la sorella. Sarà deformazione da corsi, ma è impossibile non cogliere un passaggio simbolico in questo gesto.
Quando finalmente arriva la cena i bambini sono tutti galvanizzati, elettrici e nella sala da pranzo c’è un fragore… fragoroso.
Purtroppo la cena non va bene per Juan che continua a scherzare, a mostrare la lingua e a fare pernacchie ad Ale. Alla fine non resistiamo e lo trasportiamo in camera a meditare. Fine della serata con lotta con Juan per fargli fare pipì prima di andare a letto (al lavaggio dei denti avevo rinunciato in partenza).
Scene pietose e un fegato così: il mio. Alla fine l’ha vinta lui (ovvio, non puoi costringere qualcuno a fare pipì).

Ecco un’altra prova che Ale a) è viva, b) non è stata rapita e c) mangia… o quantomeno beve.
Questa foto l’ha chiesta espressamente Juan
Mi rendo conto, questa è un po’ da ingegnere, ma non ho resistito al fascino di un bel messaggio di errore Windows nello schermo di un videogame.
Bombas! O anche palloncini. Abbiamo preso un sacchettino da 12 palloncini pensando alle battaglie di palloncini di Medellin e ai giorni e giorni di divertimento. Qui sono durati circa 15′ mentre i bambini de El Portal si divertivano a farli esplodere 🙁 Non credo che ne compreremo ancora.

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